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Seconda parte (I parte)

Sintesi de " “Ricerche filosofiche sulla libertà umana” di F.W.J. Schelling
a cura di Anna Iuppariello II parte

REALTA' DEL MALE:
PROVENIENZA DALLA
CREAZIONE E LA SUA REALIZZAZIONE NEL SINGOLO UOMO.

La possibilità del male, dunque, non include ancora la sua realtà.

Schelling sviluppa il problema della realtà del male in 3 momenti:

  1. provenienza del male dalla creazione,

  2. realizzazione del male nel singolo uomo,

  3. apparizione del male nell'uomo.

PROVENIENZA DEL MALE DALLA CREAZIONE.

La possibilità del male, dunque, non include ancora la sua realtà. Ora, il problema che emerge non è quello di spiegare la realizzazione del male nel singolo uomo, ma piuttosto la sua provenienza dalla creazione.

  • Partendo dal presupposto che Dio ha bisogno di rivelarsi all'uomo, il quale, pur essendo spirito, non conosce l'unità dei principi in maniera tanto indissolubile quanto Dio stesso.

  • E, tenendo conto del fatto che il male stesso é stato necessario alla rivelazione di Dio, giacché ogni essere può giungere alla sua rivelazione solo nel suo contrario (l'unità solo nella discordia, l'amore nell'odio).

  • Schelling giunge alla considerazione che “l'uomo fu collocato su quella cima, dove ha in sé la sorgente di un moto spontaneo verso il male e il bene in egual modo: il legame dei principi è in lui non necessario, ma libero. Egli sta al bivio, [...] ma non può rimanere nell'indecisione, perché Dio ha a rivelarsi necessariamente”. Ricordiamo, infatti, che la libertà reale si esprime come facoltà del bene e del male.

Riattraversiamo questi passaggi.

L'origine del male, dunque, non può essere rintracciata che nell'uomo stesso (ossia nella creatura più perfetta), poiché solo in lui “possono trovarsi uniti in maniera separabile i due principi, ovvero la luce e le tenebre”. In Dio, invece, è l'eterna unità dei due principi, ossia l'amore purissimo; pertanto, in esso non può esserci volontà del male, ma solo volontà dell'amore.

Distinta e indipendente da questa, poi, è la volontà del fondamento che, permeata di oscurità (sappiamo, infatti, che il fondamento è quella brama originaria in cui domina l'irrazionale e l'oscurità), non è altro che una volontà di rivelazione che agisce affinché l'amore esista realmente; e per far questo deve risvegliare la particolarità e l'opposizione.

Il volere dell'amore e il volere del fondamento divengono uno proprio perché sono separati, e fin dall'inizio ognuno opera per conto suo. Pertanto il volere del fondamento già nella prima creazione concorre ad eccitare il volere proprio della creatura affinché, se lo spirito sorge come volontà dell’amore, incontri una resistenza in cui possa realizzarsi”.


Nella formazione degli esseri, dunque, non è stata solo da una necessità geometrica, ma erano in gioco anche la libertà, lo spirito e il volere proprio. Infatti, la libertà non è stata aggiunta all'essere già creato, ma essa stessa è stata il creante; anche il concetto di fondamento deve portare al concetto di ipseità e egoità.


Ora, nel processo della creazione primordiale, come il fondamento fornisce il principio oscuro dal quale può essere tratta la luce (proprio come se fosse un passaggio dalla semplice potenza all'atto), così deve esserci un fondamento per la nascita dello spirito. Questo fondamento è lo spirito del male che nasce dallo sdoppiamento di luce e tenebre, svegliato dalla creazione da un agitarsi del fondamento tenebroso della natura; a questo lo spirito dell'amore si oppone, proprio come una volta oppose la luce alle tenebre della natura primordiale.

Così, come nel male l'ipseità si appropria della luce o del verbo, così nell'amore il verbo deve farsi necessariamente ipseità, deve accogliere l'umanità e divenir personale. Ciò accade solo mediante la rivelazione. Ora, “la nascita dello spirito è il regno della storia, come la nascita della luce è il regno della natura. Gli stessi periodi della creazione, che sono in questo, sono anche in quello; e l'uno è similitudine dell'altro. [...] Come il male rimane eternamente soltanto fondamento, senza essere di per sé, allo stesso modo il male non può giungere mai a realizzazione, e serve unicamente come fondamento affinché il bene, sviluppandosi da esso per forza propria, sia qualcosa di indipendente e distinto da Dio, qualcosa in cui Dio possegga e riconosca se stesso, qualcosa che, come tale (come indipendente), sia in lui. [...] Così pure nel corso della storia, lo spirito dell'amore non s'è rivelato a un tratto; ma, poiché, Dio sentì il volere fondamentale come volere della sua rivelazione, [...] lasciò che il fondamento operasse nella sua indipendenza, [...] non secondo il suo cuore o l'amore, ma solo secondo la sua natura.


IL CORSO DELLA STORIA.

Il corso della storia conosce un suo percorso che Schelling scandisce per bene.

Comincia con l'età dell'oro, “un tempo di beata indecisione, in cui non c'era né male né bene”.

Segue con l'età degli dei e degli eroi, tempo in cui la sapienza e l'intelletto veniva agli uomini solo dal fondamento che si esprimeva attraverso la credenza degli uomini nelle forze divine. In queste condizioni si sviluppano in tutto il loro splendore l'arte e la scienza, “ma poiché l'essenza del fondamento non può di per sé produrre la vera e perfetta unità, viene il tempo in cui tutto questo splendore si dilegua [...] e infine torna ancora una volta il caos”.

Arriva il momento della rivelazione, attraverso cui la luce dello spirito si impone a quelle tenebre operanti nel fondamento. Una rivelazione che si esprime attraverso un mediatore, il quale assume una forma umana e personale, “per ricostruire nel più alto grado il rapporto della creazione con Dio. Infatti solamente il personale può salvare il personale, e Dio ha da farsi uomo,affinché l'uomo ritorni a Dio”.


REALIZZAZIONE DEL MALE NEL SINGOLO UOMO.

Esiste, dunque, un male in genere che purché non pervenga mai ad una realizzazione, vi tende continuamente. E' un'inclinazione naturale dell'uomo che si manifesta come volere proprio, o volere particolare, ma che opera solo affinché si schiuda nel volere dell'amore. Abbiamo, infatti, già detto che Dio può giungere alla sua realizzazione solo nel suo contrario!

l'unine che ha luogo nell'uomo, del volere universale e del volere particolare sembra in se stessa una contraddizione, difficile, se non impossibile, a comporsi”. Infatti, il volere universale tende ad avere il sopravvento sull'altro, e, dunque, l'uomo si vede necessitato ad evadere da esso per preservare il proprio volere particolare; allo stesso modo, la morte è necessaria come morte dell’individualità per assurgere alla purezza. “Nonostante questa universale necessità, il male rimane sempre una scelta dell'uomo; il male, come tale, non può esser fatto dal fondamento, e ogni creatura cade per propria colpa”.



SCHELLING TORNA ORA AD ANALIZZARE LA PROBLEMATICITà DEL CONCETTO DI LIBERTà REALE, come facoltà del bene e del male.

Egli offre, senza approvarle, due possibili interpretazioni dell'arbitrio:

  • che esso avvenga a caso;

  • che esso avvenga per una determinazione esterna, il che implica una necessità estrinseca.

A entrambi è sconosciuta quella necessità superiore, che è ugualmente lontana dal caso come dalla costrizione o dalla determinazione esterna, e che è piuttosto una necessità interna, la quale scaturisce dall'essenza dell'agente stesso”.

l'atto libero è un'immediata conseguenza della parte intellegibile dell'uomo”. Proviene, dunque da una determinazione che non è né esterna né interna, ma coincide con la sua stessa natura, “secondo la legge dell'identità (qui ricordiamo che Schelling la assume nella sua forma di antecedens e consequens, implicitum ed explicitum) e con assoluta necessità [...]; poiché libero è ciò che opera solo conforme alle leggi della sua propria essenza e non determinato da altra cosa né dentro né fuori di esso”.

E, tuttavia, Schelling aggiunge: “a strettissimo rigore è vero che, nel modo in cui l'uomo è generalmente conformato, non è lui stesso che opera, ma è il buono o cattivo spirito che opera in lui; e ciò tuttavia non porta alla libertà alcun pregiudizio. Poiché appunto il lasciar operare in sé il principio buono o cattivo è conseguenza di quell'atto intellegibile, da cui la sua essenza e la sua vita è stata determinata”.

Schelling ha voluto qui esprimere un concetto kantiano rivisitato alla luce dell'idealismo, il solo che abbia “elevata la dottrina della libertà in quella sfera in cui unicamente è comprensibile”.

Da quanto detto, emerge chiaramente che libertà e necessità vengono a coincidere “come una sola essenza, che, solo guardata da lati diversi, appare come l'una o come l'altra cosa, libertà in se stessa, necessità dal lato formale”.


APPARIZIONE DEL MALE NELL'UOMO.

Vediamo come ha inizio la colpa.

Come si è già visto, la possibilità del male consiste nel fatto che l'uomo tenda ad assumere la propria ipseità come il volere universale, trattando, invece, lo spirituale come un mezzo.

E' evidente come l'uomo sia accompagnato dalla forte inclinazione a distogliere la propria attenzione da quell'unità dei principi attraverso la quale si manifesta Dio come amore perfettissimo; tende, così, a divenire egli stesso fondamento producente. Infatti, anche quando se ne allontana, all'uomo “resta pur sempre il sentimento che egli sia stato in e con Dio; perciò egli vi tende un'altra volta, ma per sé, non per rimanere in e con Dio. [...] Vi è nel male una contraddizione, che consuma e annichila sempre se stessa, cioè che esso tenda a farsi creatura, proprio mentre distrugge il vincolo della creaturalità, e cade nel non essere, per la pretensione di esser tutto.”

In questo modo l'uomo viene a perdere la propria libertà primitiva.


Chi, invece, voglia seguire la via del bene, riconoscendo l'unità dei principi, ha da porsi sulla strada della “religiosità”. Questo termine, che viene assunto da Schelling nel suo significato originario (rifiutando il fare ozioso e bigotto con cui è inteso nella sua epoca), vuole significare coscienziosità, ossia agire in piena consapevolezza, senza contrastare con le proprie azioni, la luce della conoscenza. Una religiosità, intesa nel più alto senso della parola, può essere possibile solo per grazia divina; non ha, dunque, alcun bisogno della prescrizione del dovere.


Dio

Dio è un'unità vivente di forze.

Questo è il punto di partenza!

La sua personalità si fonda, come finora è stato ampiamente esposto, sul legame di due principi, autonomi e indipendenti tra loro, ma che si congiungono formando un'unica esistenza assoluta.

  • il volere del fondamento (o brama che l'Uno ha di far nascere se stesso), “non è un volere cosciente o legato con la riflessione, benché neppure totalmente inconscio, e tale da muoversi per cieca necessità meccanica, ma di natura intermedia”;

  • il volere dell'amore (o Verbo espresso nella natura), esso è “schiettamente libero e conscio; la rivelazione che segue da esso è operazione e atto”.

La natura che ne segue non è il mero risultato di leggi universali, geometricamente necessarie, ma il frutto dell'attività della personalità di Dio, anzi è lui stesso la legge universale.

A tal proposito, Schelling muove un apprezzamento alla filosofia di Leibniz: “una delle parti più felici è il riconoscimento delle leggi di natura come leggi moralmente, non geometricamente, necessarie, e nemmeno arbitrarie”. Mentre nei confronti dello spinozismo si esprime così: “non sbaglia affatto con l'affermazione di una tale infrangibile necessità in Dio, ma per il fatto che la prende come non viva e non personale”.


RELAZIONE TRA DIO

E LA POSSIBILITA' DEL MALE.

Per quanto riguarda la possibilità del male in rapporto a Dio c'è da fare qualche osservazione.

Stando a quanto detto sopra, anche in Dio vi sarebbe un fondamento di oscurità (volere del fondamento), ma per il fatto che ad esso si lega, in una unità' perfetta, la luce che risplende nel volere dell'amore, egli si fa spirito e personalità assoluta. A differenza di Dio, l'uomo non conquista mai quel suo fondamento (sebbene nel male vi tenda), che rimane sempre “qualcosa che gli vien dato in prestito, qualcosa d'indipendente da lui; perciò la sua personalità e autonomia non può mai elevarsi a un atto perfetto”.

Dopo tutto questo, però, non si deve pensare che il male venga dal volere del fondamento. Infatti “la sollecitazione del fondamento, o la reazione contro il sopra-creaturale, sveglia il piacere per il creaturale, o il volere proprio, ma lo sveglia solo affinché vi sia un fondamento indipendente del bene, e affinché esso venga a esser dominato e penetrato dal bene. Infatti il male non è l'ipseità in se stessa, che è eccitata, ma l'ipseità in quanto si è del tutto sciolta dal suo opposto, dalla luce e dalla volontà universale. Ma appunto per questo distacco dal bene è già colpa”.

In altre parole, “l'eccitamento del volere proprio accade solo affinché l'amore trovi nell'uomo una materia o un'opposizione, in cui realizzarsi”. Pertanto è interessante osservare che in ciascuno dei due termini, male e bene, sia presente anche un elemento dell'altro; cosicché, nel comportamento di ogni uomo, ogni azione cattiva ha in sé “una radice comune con la virtù corrispondente”.


Ora, supporre che Dio stesso abbia voluto il male non ha alcuna consistenza.

Schelling ricorre al tema dell'auto-rivelazione, come creazione.

Infatti, nel momento in cui Dio riportava ad ordine il caos primordiale, facendo incontrare il volere dell'amore con il volere del fondamento, Egli dimostra la sua volontà di muovere contro le tenebre, e dunque contro il male, facendo nascere la luce, e con essa il bene.

Pur avendo necessariamente previsto che dall'auto-rivelazione sarebbe seguito il male, Dio non avrebbe potuto decidere di non rivelarsi, giacché questo avrebbe significato che non sarebbe dovuto essere nemmeno l'amore. Ossia che, per non far essere l'antitesi dell'amore (il male), non sarebbe dovuto esserci nemmeno l'amore stesso; ciò avrebbe significato una vittoria del male sull'amore.


DIO E IL DIVENIRE DELLA CREAZIONE.

Dio non è un puro essere, ma vita; in quanto tale è soggetta al divenire. Questo è il destino a cui Dio stesso si è assoggettato volontariamente nel momento in cui ha deciso di realizzarsi divenendo personale.

Solo in relazione a questo divenire si rende comprensibile la storia, che ha come suo fine ultimo la vittoria dell'amore sul male.


ESSENZA: ESISTENZA

E FONDAMENTO DI ESISTENZA.

Si è già detto come la filosofia naturale dei nostri tempi abbia per la prima volta introdotto la distinzione tra l'essenza come esistenza e l'essenza come fondamento di esistenza.

Nel discorso fin qui sviluppato si è già ampiamente dibattuto i rapporti che questi due termini hanno tra loro; ora si cercherà solo di metterli più in evidenza.

Prima di ogni fondamento e di ogni esistente c'è un fondamento originario, in cui tutti gli opposti possono trovarsi in qualche maniera distinguibili.

In esso non c'è l'identità, ma l'assoluta indifferenza di entrambi, poiché solo essa, invece di sopprimere la distinzione, la conferma. Mentre, invece, se ci fosse l'identità i due principi dovrebbero predicarsi solo insieme, come opposti, e questo ci porterebbe a considerarli di nuovo uno solo.

In altre parole, l'essenza del fondamento, come dell'esistente, non può essere se non l'Assoluto; ma, quest'ultimo non può essere se non si scinde in due cominciamenti ugualmente eterni, tali che ognuno potrebbe essere per sé, e tuttavia non è se non senza l'altro.

E' nello spirito che l'esistente è uno col fondamento dell'esistenza, ovvero esso è l'identità assoluta di entrambi. Ma sopra lo spirito vi è quell'Assoluto fondamento originario, che non è più l'indifferenza e neppure l'identità dei principi, ma il fondamento libero da tutto, “l'amore insomma, che è tutto in tutto”, e che fa sì che l'Assoluto diventi poi “vita e amore ed esistenza personale”.


In definitiva, si può dire che in questo sistema c'è un principio solo per ogni cosa, l'Assoluto.

Esso si scinde realmente in due esseri, “nell'uno è puro e semplice fondamento di esistenza, nell'altro è pura e semplice essenza (che però è solamente ideale). Solo Dio, come spirito, è l'identità assoluta dei due principi, ma solo perché e in quanto che entrambi sono sottoposti alla sua personalità”.


E' da annotare che, quando qui si parla di un'opposizione originaria di principi, non si intende mai parlare di male e bene. Infatti, “vi è duplicità solo tra due esseri realmente opposti, ma il male non è un essere, bensì un non-essere, che è una realtà non in sé, ma solo nell'opposizione. Inoltre l'identità assoluta, lo spirito dell'amore, appunto perciò è prima del male, perché questo può apparire solo in opposizione a quello”.


DIO, UOMO, NATURA.

Tutti gli esseri naturali hanno un essere nel fondamento, ovvero nella brama primordiale, non ancora giunta a unità con l'intelletto; essi, dunque, in rapporto a Dio sono esseri soltanto periferici.

L'uomo solo è in Dio, ed è capace di libertà appunto per questo sue essere in Dio. Egli solo è un essere centrale e deve anche perciò rimanere nel centro.

L'uomo si presenta come il salvatore della natura, giacché Dio la accoglie in sé solo per suo tramite dell'uomo.


Al termine del suo scritto, Schelling mette in rilievo i termini fondamentali:

indifferenza e personalità!


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