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ANCESCHI: COROLLARI

 

  1. Conversazione tenuta a Roma presso l'istituto di filologia moderna il 12 maggio 1978

Qui Anceschi si trova a rispondere a domande postegli da alcuni studenti. Per brevità cercherò di esprimere i nuclei tematici che interessano al nostro discorso, ossia per tracciare in maniera più specifica le linee del metodo proposto dalla nuova fenomenologia critica.

  • La nuova fenomenologia critica si muove in questo modo: mostra la complessità del campo di indagine attraverso l'osservazione dei diversi piani che contribuiscono al suo sviluppo. Così, in una fenomenologia del giudizio estetico-artistico, si danno giudizi di poetica formulati sul piano della critica, sul piano psicologico, linguistico, sociale, filosofico, morale; ognuno di questi piani corrisponde ad un particolare ordine di funzioni, implica pertanto strumenti e organizzazioni diverse, su una stessa opera dà anche giudizi diversi, che nella loro relazione entrano a far parte dell'analisi fenomenologica.

    Viene allontanata ogni tentazione di incorrere in una logica assolutizzante, o dell'identità; dando sostegno ad una logica della differenza, che, sola, può garantire un orizzonte teorico ipotetico e rivedibile in ogni suo momento.


  • Per Anceschi la filosofia non ha nulla a che fare con una definizione di un valore dell'arte. Rifiuta il piano immediato del giudizio e non ha niente a che vedere con le scelte. E' una teoresi rigorosa che mira a com-prendere, e pertanto non può muovere se non da una critica radicale di tutti i presupposti valutativi e coordinandoli in leggi ipotetiche, aperte, pronte a lasciarsi correggere dall'imprevedibile.

    L'arte si riconosce da se stessa. Così i sistemi delle poetiche sono anche sistemi di riconoscimento e ogni pretesa di unificare tutto ciò con un sistema univoco si rivela alla fine incomprensiva.

    Il discorso di Anceschi sulla nuova fenomenologia critica non ha nulla a che fare con l'indefinibilità ontologica della poesia come tale (che pure appartiene ad una specifica poetica), ma è il riconoscimento di una continua e concreta definibilità che in ogni definizione vede un significato che non può essere ignorato.

  • Qui Anceschi rivela le radici della sua decisione di occuparsi di poesia. Pur non ponendosi mai la domanda “che cosa è la poesia?”, Anceschi si è concentrato sull'aspetto vivente della poesia, in modo tale che potesse fornirgli una maggiore consapevolezza rispetto a se stesso, alla propria situazione e alla propria realtà.

    Da ciò nasce la necessità di ricercare criticamente le tensioni interne al campo stesso della poesia. E' qui che subentra il ruolo fondamentale giocato da Banfi: nella sua prospettiva, infatti, i discorsi antitetici in seno ad uno stesso ambito suonano come una sorta di “pettegolezzo filosofico”, che pertanto li lascia in balia della loro improduttiva conflittualità.

    Anceschi matura, dunque, l'idea di dedicarsi al delineamento di una sistematicità comprensiva delle tensioni interne al campo della poesia. Per cui il suo impegno fu questo: far uscire la teoria dell'arte a partire da una situazione reale di una fenomenologia dell'arte che consenta di rispettare la complessità del campo nella sua varietà di direzione e di tempi. Eppure nella consapevolezza che la fenomenologia critica non possa, in ultimo, sostituirsi alla responsabilità individuale e alle sue decisioni; vanno distinti i due campi delle scelte e della comprensione, in modo tale, però che non si perdano mai di vista le relazioni che si pongono tra di loro.

    2. Lettera a Zagarrio sulle leggi dell'acqua (con riferimento alla poesia)

A Zagarrio, che espone alcuni dubbi riguardo al metodo della nuova fenomenologia critica, Anceschi risponde riproponendo, ancora una volta eppur nuovamente, i capisaldi del suo metodo.

Innanzitutto, riprende la descrizione di Lino Rossi in “Situazione dell'estetica in Italia”: per qualche tempo l'estetica è sembrata identificarsi con una particolare teoria della poesia, che trovasse la propria struttura universale entro certe categorie logiche e che, infine, si definisse come una “forma” o “momento” della vita dello Spirito; tuttavia, questo stesso sistema non avrebbe resistito al tentativo di inserimento di alcuni campi d'indagine affini, ma fino a quel momento trascurati (linguistica, psicologia, sociologia, filosofia del linguaggio...), e alla fine si avrebbe ceduto.

A questo proposito, Anceschi riconosce che oggi l'estetica non si occupi più, in maniera esclusiva, della riflessione sulla poesia e sull'arte; mentre risulta oramai possibile la distinzione tra le nozioni di estetica (artistica e letteraria) e poetica. Pertanto, l'atteggiamento fenomenologico vuole proporsi come un nuovo procedimento per la ricerca, capace di confrontarsi con un atteggiamento di apertura costante nei confronti di una realtà talmente varia; atteggiamento che implica il rifiuto di ogni dogmatica o sistematica assolutizzante.

    3. Appendice A: Controllo della estetica.

La disciplina dell'estetica è stata considerata per lungo tempo appartenente al campo di indagine della filosofia, apparendo sempre come una disciplina trasparente, ordinata e accettabile. Tuttavia, dopo Croce, l'interazione con altri campi di ricerca ha portato l'estetica a ricercare la propria autonomia, ad allontanarsi dalla filosofia e a rivelarsi oscura, dispersiva e riduttiva.

Inoltre, da che prima l'oggetto indiscusso d'indagine, per ciò che concerne l'estetica, sembrava essere il bello (o, in maniera più precisa l'arte e la poesia, o arti belle), ora non è più solo questo; e l'estetica si ritrova così persa in un labirinto, alla ricerca di se stessa.Di qui la necessità di ripensare la molteplicità delle tentazioni che corrono incontro all'estetica, e nelle quali l'estetica si perde, alla luce della reciprocità dei loro rapporti; poiché, infatti, solo alla luce della prospettiva della sistematicità si può giungere ad una soluzione esauriente (che non limiti le spinte propulsive che l'estetica riceve da altri campi, ma, anzi, che sappia conferire loro il giusto valore).

Il proposito di strutturare l'idea di estetica entro un orizzonte di comprensione per una sistematica generale delle poetiche è proposto ad Anceschi in “Autonomia ed eteronomia dell'arte” (1936): viene messo in dubbio il principio di autonomia dell'arte come categorialità, puro momento della conoscenza entro la “vita dello spirito”. Questa prospettiva si è venuta esplicitando sempre più nello scritto “Della poetica e del metodo” (1976).

    Critica (letteraria).

Anceschi esordisce con una definizione che possa farci capire cosa dobbiamo intendere nel momento in cui parliamo di critica: è il complesso delle operazioni e delle indagini, insieme conoscitive e valutative, che conducono sul fondamento di particolari concezioni estetiche e che, attraverso diverse metodologie, chiariscono descrivono e giudicano le opere artistiche e letterarie.

    I criteri di queste operazioni sono tanto vari da costituire un vero e proprio caos di teorie tra loro divergenti. Esse, infatti, si propongono come necessarie, assolute e ultime; ma finiscono per rivelarsi parziali, legate ad un preciso contesto logico, riferite ad una definita e definibile situazione storica.

Si osservano diversi modelli di critica:

  1. Critico-poeta. Che risponde alla necessità di riflettere sulla poesia stessa, in modo tale da identificare le scelte pragmatiche che si nascondono dietro ogni poesia.

  2. Critico-scrittore. Fa della critica un genere della letteratura; sceglie un certo gusto cui partecipare, promuovere e guidare.

  3. Critico-saggista. Opera ponendo problemi e analizzando possibilità, strumenti e procedimenti a cavallo tra vari ambiti (letteratura, scienza, filosofia; è per questo che è una figura intermedia tra quelle del critico-poeta/letterato, da una parte, e del critico-scienziato/filosofo, dall'altro).

  4. Critico-scienziato. Stabilisce i propri criteri in base alle scienze particolari cui si rivolge.

  5. Critico-filosofo. Si basa su un'idea della filosofia come sistema organico, definitivo, univoco del sapere, pur nelle sue varie forme e manifestazioni.

Il fatto che la critica trovi fondamenti diversi a seconda degli ambiti in cui si muove, e pertanto conosca strutture e organizzazioni diverse, determina la molteplicità dei sistemi di critica che si vengono sviluppando. Tali sistemi si rifiutano reciprocamente. Solo un'indagine fenomenologica è in grado di individuare il senso di questo rifiuto, da un lato, e il limite di validità dei vari sistemi, dall'altro.

E -sia chiaro!- si parla di un'indagine fenomenologica nel senso di una “fenomenologia della critica”, non di una critica fenomenologica (la quale si aggiungerebbe aridamente agli altri modelli sopra esposti).

Pertanto, per poter osservare nella loro molteplicità i diversi modelli di critica bisogna pensarli in vista della nozione di sistematicità. Una corretta fenomenologia della critica, infatti, non risponde alla domanda “che cosa è la critica?”, ma analizza come la critica operi. Occorrerà:

  1. sospendere il giudizio sulla loro pretesa universalità;

  2. riprendere contatto con l'esperienza concreta della critica;

  3. recuperarne il significato nell'intreccio delle relazioni in cui essa si dà.

DIFFICOLTA' DELLA MEMORIA

Questo scritto viene pubblicato come prefazione alla seconda edizione di “Saggi di poetica e di poesia” (1972).


Qui Anceschi si trova di fonte alla problematicità di dover scrivere qualche pagina intorno ad un libro pubblicato 30 anni prima (1942), che raccoglie studi e note scritti tra il 1934 e il 1941.

In quel testo Anceschi affronta i temi della poesia e della critica, aprendosi ad un progetto non ancora organizzato di un metodo in grado di mettere su un terreno di problematicità le pretese di universalità dei Sistemi Dogmatici e degli Assoluti Prestabiliti.

Infatti, “Autonomia ed eteronomia dell'arte” nacque proprio come un tentativo di risposta ad u periodo di tensioni radicali ed estreme. Avvicinandosi, attraverso l'impulso del razionalismo critico, a quel nuovo modo di intendere la fenomenologia come metodo, cominciò a rilevare la distinzione tra le nozioni di estetica e poetica.


In Anceschi l'attenzione per le poetiche non fu dettata da motivi occasionali, ma da forti sollecitazioni che provenivano direttamente dalla realtà. In quegli anni, infatti, in tutta Europa, data la varia proliferazione di poetiche secondo prospettive, situazioni, movimenti e personalità diverse, si manifestava l'esigenza di rendersi conto del sistema e dell'idea di poesia. Così “Poetiche del Novecento” si propone di chiarire e ordinare i vari sistemi nelle loro tensioni, nelle loro linee istituzionali, nei loro ideali e capirne le relazioni e il movimento.

Con una certa vena illuministica Anceschi si sbilancia sulla natura della situazione europea. E le difficoltà gli sembrano imputabili, non ad una recuperabile “crisi di civiltà”, quanto piuttosto ad una “civiltà in crisi” ormai abituatasi ai suoi sussulti e alle sue stasi.

Sono 2 i temi fondamentali dei “Saggi”:

  • Elaborazione di una propria ideologia dello stile.

    In questi anni anche Anceschi elabora una propria poetica, volta a riconosce il privilegio del genere lirico sugli altri generi in voga in quegli anni. Così egli propone l'idea di una “civiltà della lirica”, che mira al recupero della tecnica, alla responsabilità critica, al riconoscimento della brevità e dell'intensità dei significati, entro una coerenza di strutture e significati.

    A questo proposito, alcuni accolsero lo scritto con simpatia, altri non sapevano prendere posizione, altri ancora contrapposero alla poetica della lirica l'estetica del carro armato tedesco.


  • Individuazione delle procedure di metodo.

    Comincia a delinare l'idea di una fenomenologia critica, la quale, capace di partecipare al fare, liberasse il pensiero da ogni accento dogmatico e normativo, nel rifiuto di ogni condizione metafisica e nell'impegno di non imporre schemi né all'invenzione dell'arte né alla sua interna riflessione. Il suo obiettivo è già chiaro: comprendere i principi della poetica, della molteplice presenza delle poetiche, senza vincolarli o alterarli, ma nel rispetto delle loro destinazioni particolari. Il tutto si basa sul principio di distinzione tra le nozioni di estetica e poetica.

Si delinea a chiare linee il metodo già annunciato in “Autonomia ed eteronomia dell'arte”, sul quale Anceschi si sarebbe poi fermato per anni. Ma questo metodo, proprio nel garantire la piena autonomia alle poetiche, ne mostra anche il carattere parziale e dogmatico che ne segna i limiti; pertanto è chiaro come, negli anni a venire, Anceschi abbia messo da parte quella particolare poetica che visse in quegli anni e che presentò nei “Saggi”.

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